Finita la pandemia, tornano in auge le cosiddette “transizioni” digitale ed ecologica, operazioni propagandistiche presentate come indispensabili, obbligate e “non negoziabili” per far fronte a presunte emergenze globali, che altrimenti condurrebbero l’umanità alla catastrofe: pandemie, cambiamento climatico, guerra, ecc. La propaganda insiste sull’urgenza di queste transizioni in nome della Scienza, ma anche della cosiddetta “quarta rivoluzione industriale” (4IR o industria 4.0), la quale, secondo il World Economic Forum, sarà “caratterizzata dalla fusione di tecnologie che sfumano i confini tra la sfera fisica, digitale e biologica”, ma già si preannuncia foriera di pesanti ricadute sociali, come i licenziamenti dovuti alla sostituzione di lavoro umano con l’intelligenza artificiale.
La 4IR appare il “naturale” sviluppo di un ordine globale capitalistico che prende forma in esclusivi circoli transnazionali privi di ogni legittimazione democratica (es. World Economic Forum) e che le popolazioni devono accettare senza alcun confronto democratico. Queste “élite”, con le loro immense risorse finanziarie, possono influire tanto sui governi nazionali quanto sulle organizzazioni internazionali, compromettendone sovranità e autonomia e riconducendo ogni decisione ad “agende globali” (es. Agenda 2030).
Dietro l’aura umanitaria e progressista di queste agende si profila il disegno di una “società nuova” con un’unica governance globale oligarchica. Strumenti cardine della transizione verso questa società post-democratica sono le piattaforme digitali, oggi potenziate dall’intelligenza artificiale. La cosiddetta “piattaformizzazione” investe sempre più ambiti: media, scienza, educazione, istruzione, moneta, cibo, sanità, ecc. Si tratta di processi di neo-colonizzazione, standardizzazione ed eliminazione della diversità bio-culturale generati da una precisa matrice geopolitica. Al di là delle parole-chiave e degli slogan suadenti, come “sostenibilità”, “resilienza” e “inclusività”, si intravedono progetti di trasformazione tecnocratica della società, basati su ideologie che stravolgono l’essere umano (si pensi al transumanesimo, che postula l’ibridazione uomo-macchina, l’eugenetica, l’automazione integrale dei processi sociali, solo per fare degli esempi). Questi progetti avvantaggiano solo le élite e recano grave danno al resto dell’umanità.
In definitiva, la transizione digitale appare orientata a instaurare un sistema di controllo sociale sempre più intrusivo, che defrauda l’individuo della sua riservatezza e dei suoi presidi di autonomia. Si tratta di una “società della sorveglianza” in cui ogni movimento, azione e transazione economica siano tracciati, monitorati e valutati. Il denaro contante, la fruizione dei pubblici servizi in modi non digitali e gli stessi documenti cartacei, appaiono come residui di una società sgradita alle élite perché sfugge al controllo capillare. In particolare, l'introduzione di sistemi di identità e moneta digitali conferiscono ai governi un pericoloso potere di ricatto, in grado di annichilire ogni dissenso con un semplice “clic”, ad esempio, vietando l’accesso a luoghi e servizi essenziali (scuola, sanità), se non alla vita sociale nella sua interezza. Abbiamo già visto all'opera questo potere quando il green pass, precursore dell’identità digitale, imponeva restrizioni assurde a persone sane, o guarite dal COVID, solo perché non inoculate con un vaccino che non immunizza.
Analogamente, la lotta al presunto contributo antropico al cambiamento climatico, fenomeno messo in discussione di recente dal Nobel John F. Clauser e altri 1500 scienziati, è un “cavallo di troia” per realizzare sistemi di “credito sociale” basati sulle emissioni individuali di CO2, il cui scopo è spingere le persone, più o meno “gentilmente”, ad adottare comportamenti utili alla 4IR. Chi obietta è liquidato come “negazionista climatico”, mentre, in nome di un’ideologia pseudo ambientalista, che tace gli enormi costi ecologici della transizione green, si varano norme che mirano a rendere l’abitazione e i mezzi di trasporto privati sempre più insostenibili economicamente per la maggioranza delle persone, oltre che a confinarle in veri e propri ghetti, ribattezzati “città 15 minuti”.
Se c’è una grande emergenza nel nostro tempo, che chiama all'urgenza dell'azione individuale e collettiva, non è quella climatica, né alcuna delle altre propagandate dalle élite. È invece l’emergenza democratica, antropologica e biologica: vero attentato all’Uomo e alla Natura nel senso più radicale e definitivo. Noi tutti, come esseri umani e cittadini, dobbiamo prendere coscienza dei processi di trasformazione di stampo autoritario che minacciano la nostra società e unirci per difendere i nostri diritti e la stessa civiltà umana.
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